Racket nei mercati ortofrutticoli: minacce e attentati a chi ostacolava i clan

Racket nei mercati ortofrutticoli, in un servizio di Mi manda Rai 3, il maggiore Antonio De Lise, ha raccontato il grosso giro di affari nelle mani dei clan

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Il maggiore Antonio De Lise, Comandante del Nucleo Investigativo di Latina e già alla guida della compagnia dei militari dell’Arma di Giugliano, ha scoperto un nuovo giro di affari nella mani dei clan e delle organizzazioni criminali. L’uomo ha spiegato tutto in un servizio mandato in onda dal programma Mi Manda Rai Tre. Il militare ha raccontato di affari della camorra in un settore che riesce a fatturare oltre 50 miliardi di euro su tutto il territorio nazionale.

Il nuovo fenomeno viene definito ‘Agromafie’, nuova frontiera criminale nell’agricoltura. Il maggiore ha spiegato che l’aumento dei prezzi si aggira intorno al 15%, perché c’è da pagare il referente criminale sul territorio, il mediatore del clan ed una serie di altri soggetti che fanno parte della filiera. Di conseguenza coloro i quali non appartengono al clan subiscono ingenti danni, non potendo vendere la propria merce. Si tratta dunque di un valore di 50 miliardi di euro, che secondo il professor Stefano Masini, docente di Diritto Agroalimentare all’Università di Roma Tor Vergata, rappresenta quello delle esportazioni del nostro made in Italy.

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Racket nei mercati ortofrutticoli, patto criminale tra i clan

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Il professor Masini ritiene che i clan trovano conveniente fare i propri investimenti criminali nel settore agroalimentare. Tale ramo dell’economia infatti oggi rappresenta una delle ossature del nostro made in Italy, che ha una fortissima propensione internazionale. Nel servizio di Mi manda Rai Tre, il maggiore De Lise ha evidenziato un altro aspetto della vicenda.

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E’ dimostrato un collegamento a carattere nazionale tra le diverse mafie. Ad esempio il clan dei Casalesi, il clan Mallardo ed il fratello di Totò Riina avevano stretto un patto criminale. Tale accordo riguardava i mercati di Giugliano in Campania, di Gela e altri mercati siciliani. Ognuno di loro aveva un compenso per la gestione di questi 3 mercati”. Si trattava dunque di un vero e proprio patto tra i clan. Un business dal valore inestimabile, a tal punto da ostacolare con attentati e minacce tutti coloro che non si fossero accordati con loro.

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