Assegno divorzile alla ex, marito costretto a dimostrare l’impoverimento

La Cassazione con l’ordinanza n. 21818/2021 ha stabilito che l’ex marito non potrà richiedere la revoca o risoluzione dell’assegno divorzile ordinato in favore dell’ex moglie, dovendo, in tal caso, provare l’avvenuto impoverimento delle sue sostanze.

assegno divorzile
Assegno divorzile (Pixabay)

La vicenda fa riferimento ad un uomo ricorso in Tribunale per chiedere la separazione dalla moglie. La donna, a sua volta, chiedeva la cessazione degli effetti civili del matrimonio per mancata consumazione. In sostanza un assegno divorzile di 2.500 euro al mese e un risarcimento danni di 300.000 euro.

Il Tribunale, però, ha respinto le domande di assegnazione della casa e di addebito della separazione richieste dal marito e quella di risarcimento proposte dalla moglie. Ha sancito, però, la cessazione degli effetti civili del matrimonio e quantizzato l’assegno divorzile in 1250 euro mensili.

La Corte di Appello ha respinto la domanda sollevata dal marito e confermato la sentenza precedente, rilevando una notevole divergenza economica tra le parti, motivando, in tal senso, la misura dell’assegno stabilito in favore della moglie.

Il marito, perciò, propone ricorso in Cassazione invocando l’imputabilità della mancata consumazione del rapporto coniugale alla sola ex moglie. Inoltre, l’uomo adduce:

  • di aver contribuito da solo al sostentamento della famiglia;
  • la donna è unica proprietaria di due immobili;
  • di dover provvedere al mantenimento di una nuova famiglia;
  • la durata breve del matrimonio.

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Assegno divorzile, la decisione della Cassazione

La Cassazione, con l’ordinanza n. 21818/2021, dichiara inammissibile la questione relativa la mancata consumazione del rapporto coniugale, non essendo tale punto rilevato in appello, infondata la questione dell’apporto economico. In virtù del principio di solidarietà essendo, inoltre, l’ex coniuge economicamente più debole. Per quanto riguarda la durata breve del matrimonio, la Corte, in relazione alla durata del matrimonio, rileva il contributo economico apportato dalla moglie, la quale svolgeva, in quei anni, la professione di insegnante.

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Nel caso di specie la Corte ha stabilito che la formazione di una nuova famiglia non rileva, in quanto il ricorrente non ha subito una diminuzione delle sue disponibilità economiche. Non essendo stata acquisita neppure la prova che il mantenimento del nuovo nucleo familiare fosse unicamente a carico del medesimo, non trovandosi la nuova compagna in uno stato di impossidenza o disoccupazione.

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