Perugia, esame Suarez fu una “farsa”: sospesa rettrice e professori

Perugia, esame Suarez: sospesi per otto mesi le persone coinvolte. Per la Procura potrebbero riproporre “condotte delittuose analoghe”

Caso Suarez Procura
Luis Suarez (Getty Images)

Oggi il nucleo di Polizia Economica della Guardia di Finanza di Perugia ha sospeso per otto mesi dalla proprie funzioni quattro persone nell’ambito dell’inchiesta sull’esame di Suarez, il calciatore che in estate, in procinto di passare alla Juventus, aveva svolto la prova di lingua presso l’ateneo per stranieri umbro per ottenere la cittadinanza.

Si tratta del Rettore Giuliana Greco, il Direttore Generale Simone Olivieri, dalla docente Stefania Spina e dal componente della commissione “Celi Immigrati”, il professor Lorenzo Rocca. La procura di Perugia del Procuratore Raffaele Cantone ipotizza i reati di rivelazione del segreto d’ufficio finalizzata all’indebito profitto patrimoniale e plurime falsità ideologiche in atti pubblici. La Procura mette nero su bianco che si è trattato di un esame “farsa” come aveva già fatto nei mesi precedenti.

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Esame Suarez, la Procura: “Richieste della Juventus”

Il 22 settembre scorso c’erano state delle perquisizioni che, scrive la Procura, hanno corroborato il quadro probatorio. Erano anche emerse delle intercettazioni secondo le quali il calciatore non “spiccicava” una parola di italiano ma non si poteva non fargli superare l’esame per il livello B1 perché guadagna 10 milioni all’anno.

Il contenuto della prova era già stato comunicato al calciatore con tanto di esito dopo le richieste “avanzate della Juventus”. Il fine era anche un ritorno d’immagine positivo sia dal punti di vista personale e per l’Università.

Dagli accertamenti è emerso che la società bianconera aveva fatto in modo che si accelerasse l’iter per riconoscere la cittadinanza italiana al calciatore (e il superamento della prova B1 è propedeutico) e pertanto non sono escluse nuove ipotesi di reato per persone diverse dall’Università.

Il gip ha ritenuto opportuno condividere le tesi dell’accusa e quindi procedere alla sospensione con le misure cautelative per timore che gli indagati possano ripetere episodi del genere, dimostrando di considerare l’Università come una “res privata gestibile a proprio piacimento”.

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