Guerra Israele-Palestina, ancora bombardamenti: le origini del conflitto

Guerra Israele-Palestina, ancora una notte di sangue. Da oltre settant’anni la Terra Santa non trova pace: quali sono i motivi

Il campo profughi a ovest di Gaza dopo il bombardamento di Israele (Getty Images)

Tel Aviv bombarda Gaza e Hamas dalla Striscia risponde. Nelle ultime ore ancora violenze in Terra Santa tra Israele e Palestina. Una guerra che nell’ultima settimana è ripresa, un lungo conflitto che di tanto in tanto ritorna nel sangue e nel terrore, da oltre settant’anni.

Il mondo di “pace” nato dalla Seconda guerra mondiale ha visto la guerra a fasi alterne in quel luogo ritenuto sacro dalle tre religioni monoteiste. Dopo la tragedia della Shoah con la persecuzione degli ebrei, la nascita di uno Stato ebraico (avvenuta il 14 maggio 1948) era ritenuta necessaria e pacificatrice per un popolo da secoli perseguitato, dai cristiani prima con l’accusa di “deicidio” e dai nazisti poi per questioni economico-razziali.

Ma la genesi del conflitto che ancora oggi raccontiamo va cercata alla fine della Prima Guerra mondiale. Smembrato l’ormai defunto Impero Ottomano, le potenze vincitrici si spartirono i territori: alla Francia andarono Siria e Libano mentre alla Gran Bretagna quelli di Palestina ed Iraq.

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Nel ventennio intercorso tra le due guerre, in particolare man mano che si acutizzavano le persecuzioni dei nazisti ai danni degli ebrei, con il favore degli inglesi molti ebrei ripararono in Palestina. Cominciarono i conflitti con le popolazioni arabe che da secoli già occupavano quei territori. Nel frattempo cresceva sempre di più il movimento internazionale Sionista (da nome del monte Sion) nato a Vienna nel 1897 e volto alla creazione di uno Stato ebraico.

Guerra Israele-Palestina, il fallimentare Piano Haavar

La Palestina cominciava ad essere una patata bollente per gli inglesi. La politica internazionale dei britannici era più interessata a tenere a bada le recriminazioni della Germania umiliata dopo il Trattato di Versailles e ai primi scricchiolii economici del suo vasto impero. Non voleva impelagarsi nel conflitto tra gli arabi e gli ebrei e cercò una via.

Il 23 agosto 1933 i sionisti trovarono un accordo il governo nazista e la banca anglo-palestinese per il trasferimento di tutti gli ebrei dalla Germania e dal resto d’Europa in Palestina con il Piano Haavar. Ma quando ai britannici fu chiaro che ciò avrebbe indispettito ancora di più gli arabi, creando più caos nei territori che amministrava, il piano non fu portato a compimento.

La fondazione dello Stato ebraico

Fu chiaro ai britannici che per non occuparsi più della questione la miglior cosa sarebbe stata lasciare quel territori, lavandosi le mani. L’occasione si presentò alla fine della Secondo guerra mondiale. Battuta la Germania nazista, la Gran Bretagna rimise la gestione di quel territori nelle mani dell’Onu, la nuova organizzazione internazionale.

Fu l’Onu a dividere i territori della Palestina nel novembre 1947 tra arabi ed ebrei. Quando nel maggio ’48 Ben Gurion fondò lo Stato di Israele cominciò il conflitto di oggi con gli arabi che si ribellarono alla decisione. Nel corso dei decenni a incrementare le battaglie non fu tanto l’idea che gli ebrei avessero uno Stato proprio. Nel mondo arabo ci sono frange più estreme che metto in discussione l’esistenza dello Stato ebraico ma anche organizzazione a favore della soluzione “due popoli in due Stati“.

La guerra di conquista di Israele

Bambina a Gaza (Getty Images)

Ma non è mai stato riconosciuto uno Stato di Palestina e da subito gli israeliani hanno occupato i territori assegnati agli arabi, conquistando sempre di più. L’Egitto, la Transgiordania la Siria e l’Iraq, corsero in appoggio degli arabi ma non riuscirono ad avere la meglio sull’esercito israeliano che dal primo momento ha goduto dell’appoggio degli Stati Uniti e di altre potenze mondiali.

Dopo un anno Israele aveva l’80% dei territori e ad ogni recrudescenza del conflitto ha conquistato sempre di più con una diplomazia internazionale inerte e talvolta complice. Nel giugno del 1967 la Guerra dei Sei giorni portò a Israele altri territori. Gli arabi palestinesi sono stati poi confinati nella Striscia di Gaza, un territorio tra Israele ed Egitto di 360 chilometri sul mar Mediterraneo.

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Gli accordi di Oslo prevedevano il riconoscimento di uno Stato palestinese sovrano, furono voluti fortemente dal presidente americano Clinton. Firmati ufficialmente a Washington nel 1993 tra Yasser Arafat, il presidente dell’Olp, – l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina –  e Rabin, capo del governo israeliano (ucciso due anni dopo), non trovarono concretezza. Portarono però alla nascita dell’Autorità Nazionale Palestinese che è quanto più somiglia a uno Stato ma che non gode di piena indipendenza e sovranità. Ora alla guida dell’autorità c’è Hamas, un’organizzazione islamista nemica giurata di Israele.

Considerata più radicale dell’Olp (questa era nata con il fine della lotta armata per la distruzione di Israele per poi sposare la tesi dei due Stati), Hamas è protagonista del conflitto nell’ultimo decennio da quando governa la Striscia di Gaza.

Come per ogni escalation di violenze il mondo in queste ore si sta mobilitando a favore della Palestina e ieri un corteo ha invaso anche le strade di Napoli.

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Una guerra che non trova soluzione con un evidentissimo squilibrio di forze con Israele molto più armato e tecnologicamente avanzato. Un conflitto che si combatte da generazioni con una chiara responsabilità internazionale, incapace di trovare serie e giuste condizioni di pace.

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