Comandante Costa Concordia, un mare di accuse

Insieme alla Concordia naufraga la fama del comandante napoletano Francesco Schettino, 52 anni, nato a Meta di Sorrento.  “Capitano coniglio” lo definisce Libero, sottotitolando: “Nave affonda, lui scappa”; per Il Fatto Quotidiano : “Nega l’avaria e fugge”; mentre su Facebook, una pagina a lui dedicata mette ironicamente tra virgolette la parola “comandante”. E giù una sfilza di messaggi pieni di insulti, della serie “Quando la nave affonda i topi sono i primi a scappare”, di proposte di soluzioni drastiche per punire il suo comportamento, dal plotone di esecuzione alla speranza che marcisca in galera, col massimo della pena e senza attenuanti. Altri  lo difendono (non troppi e non troppo, a dire il vero) e così, sempre sullo stesso social network, creano una pagina in suo sostegno, ma è un sostegno all'”uomo” piuttosto che al comandante, una difesa del suo “errore umano” e non del suo operato o comunque un richiamo al principio della presunzione d’innocenza almeno fino a quando non sia stata provata senza alcun ragionevole dubbio la sua colpevolezza, con tanto di esortazione ad aspettare l’esito delle indagini per scoprire la verità e a non dare troppo credito ai sedicenti giornalisti.

Ma è una difesa che fa acqua da tutte le parti, perché seppur gli si perdona “l’incidente” che ha causato il naufragio, non trova nessuna clemenza il suo comportamento durante l’evacuazione: aver abbandonato la nave su una scialuppa molto prima che fossero messi in salvo gli altri passeggeri ed aver toccato terra mentre tutte le squadre di soccorso erano all’opera.

Qui ad affondare il comandante ci pensano la Guardia Costiera e la testimonianza di un tassista, riportata dal Fatto Quotidiano. Uomini della Guardia Costiera, individuato Schettino a terra, lo avrebbero invitato più volte a tornare a bordo per coordinare le operazioni di evacuazione, ricordandogli le sue responsabilità e quanto prevede la legge, ma lui si sarebbe rifiutato di eseguire gli ordini; il tassista avrebbe assistito invece alle telefonate intercorse tra il comandante e la Capitaneria di porto Livorno: alla terza telefonata si sarebbe convinto, ma non a risalire sulla nave come gli veniva chiesto, bensì a tornare sulla banchina, da dove avrebbe voluto gestire l’emergenza. Resta il fatto che si sarebbe quindi offerto di andare a recuperare le scatole nere della nave, particolare che ha destato il sospetto di una volontà di sabotaggio delle stesse: il pericolo di inquinamento delle prove e di una sua fuga all’estero hanno spinto i magistrati a chiedere il provvedimento restrittivo della custodia cautelare in carcere.

E se tutto ciò non fosse abbastanza, l’affondo più grave gli viene proprio dalla compagnia Costa Crociere, che in una nota ufficiale diramata ieri sera ha preso le distanze dal comandante: l’ad Pierluigi Foschi  precisa che la tragedia sia stata originata da “errori di giudizio” del comandante che hanno avuto le note “gravissime conseguenze” ed imputa a lui soltanto la scelta di deviare la rotta della Concordia, “impostata correttamente” alla partenza nel porto di Civitavecchia e poi deviata con una manovra “non approvata, né autorizzata da Costa Crociere”.

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