M5S, Di Battista dice addio: “Non condivido più il progetto”

Alessandro Di Battista dice addio al M5S. Infatti uno dei simboli del movimento pentastellato ha affermato di non condividere più il progetto.

M5S Di Battista
Il noto pentastellato abbandona il movimento (Getty Images)

Il M5S dice addio anche ad Alessandro Di Battista, che abbandona il partito dopo Luigi Di Maio. I due volti che hanno fatto la storia del Movimento pentastellato abbandonano insieme, dopo le troppe divergenze di pensiero con gli altri esponenti. Infatti Di Battista darà il suo addio se sarà approvato il terzo mandato, affermando: “Non sarebbe più il Movimento in cui mi ritroverei. Restare fermi a due mandati non è un’opzione, ma una regola fondativa del Movimento“.

Da oramai più di un anno il Movimento 5 Stelle continua a perdere elementi importanti, ma soprattutto sostenitori. Di Battista ha cercato di spiegare il perchè di questo indebolimento, con un intervento nel libro di Bruno VespaPerchè l’Italia amò Mussolini“. Infatti l’esponente politico ha affermato che il Movimento si sta indebolendo perchè sta andando contro i suoi principi. Prima si andava contro il bipolarismo ed adesso, come afferba Di Ba, è lo stesso movimento a soffrirne.

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M5S, Di Battista non ha dubbi: “Lascio se non condivido il progetto”

M5S
Di Battista pronto ad abbandonare il Movimento (Getty Images)

Così alla presentazione del libro di Bruno Vespa, Di Battista si è detto pronto ad abbandonare il Movimento se non ci sarà più un’intesa comune. In merito alla sua decisione, il volto pentastellato ha affermato: “E’ evidente che se il Movimento Cinque Stelle diventasse un partito come gli altri come quelli denunciati nel 1981 da Berlinguer che occupavano le istituzioni io non mi ci riconoscerei e me ne andrei“.

Infine Di Battista ha ricordato al Movimento che bisogna andare alle elezioni da soli, con le proprie forze, visto che presentarsi con il Partito Democratico porterebbe solamente l’8% delle preferenze. Il leader ha poi concluso affermando che un conto è fare una trattativa con il 33% di preferenze, un altro conto è sedersi ad un tavolo con solamente l’8% di voti ottenuti dalle elezioni.

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L.P.

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