Giancarlo Siani: 26 anni dalla morte

Moriva 26 anni fa, il 23 settembre 1985, raggiunto dalla mano della camorra mentre stava parcheggiando sotto casa la sua Citröen Mehari verde in via Vincenzo Romaniello, nei pressi di Piazza Leonardo al Vomero. Erano le 20:50 e Giancarlo Siani era di ritorno dalla sede del quotidiano Il mattino di via Chiatamone, con il quale collaborava come giornalista pubblicista, brillante precario ormai affermato e vicino all’assunzione: dalla sede distaccata del giornale a Castellamare di Stabia, cui faceva riferimento in qualità di corrispondente da Torre Annunziata, era stato trasferito da pochi mesi a quella centrale solo per una sostituzione; ma era bravo (troppo, di una bravura che gli è stata fatale) e la firma del contratto era ormai cosa certa.

La sua carriera, articolo dopo articolo, aveva subito un’inarrestabile accelerata sul filo della cronaca nera, di cui era diventato esperto, riuscendo ad addentrarsi nelle trame profonde delle logiche criminali, carpendo i meccanismi e gli intrecci non soltanto limitatamente all’insieme chiuso della criminalità organizzata, ma ai rapporti aperti tra il sistema malavitoso e le istituzioni politiche, agli affari che i boss fanno con i colletti bianchi collusi e all’economia sporca alimentata dai grandi appalti pubblici sui cui fanno man bassa potenti clan e spregiudicati rappresentanti del popolo e delle istituzioni. Erano infatti gli anni del post-terremoto e dei miliardi di lire stanziati come fondi per la ricostruzione, spesso dileguatisi nel nulla dalle casse comunali, casse nelle quali Giancarlo era andato a spiare.

Ufficialmente, agli atti dei processi che hanno ricostruito la dinamica e le motivazioni del brutale assassinio di Giancarlo, assicurando alla giustizia mandanti e sicari, l’esecuzione del giovane cronista fu voluta dai Nuvoletta di Marano, clan camorristico “infamato” da un recente articolo in cui li accusava di aver fatto in modo, con una “soffiata” ai carabinieri, di fare arrestare Valentino Gionta, boss in rapida ascesa, invadente e fastidioso per gli equilibri tra le famiglie camorristiche, sgradito soprattutto ai Bardellino, della “Nuova Famiglia”: la testa di Gionta, alleato dei Nuvoletta, era stata offerta dagli stessi su un piatto d’argento ad Antonio Bardellino per siglare un accordo di pace tra i due clan camorristici. Un accordo infamante, contrario al codice d’onore mafioso, che macchiava indelebilmente la rispettabilità e danneggiava l’immagine dei Nuvoletta: Giancarlo Siani doveva morire. Ciro Cappuccio e Armando del Core, che oggi scontano l’ergastolo, sono i due sicari ingaggiati che con dieci colpi di pistola 7,65 massacrarono Giancarlo nella sua auto su ordine di Lorenzo (morto in carcere) e Angelo  Nuvoletta, anch’egli condannato all’ergastolo. L’ordine giunse dopo una serie di summit decisionali con altri esponenti della criminalità organizzata.

Ma Giancarlo aveva con sé un libro al quale stava lavorando e che non è mai stato ritrovato: un’altra parte di verità, probabilmente quella più scottante, che non aveva affidato alle pagine del giornale e che è sparita insieme ad altri nomi, probabilmente altri reati e altri mandanti.
In sua memoria stamattina, alle ore 10:30, verrà depositata una corona di fiori sulle Rampe Siani (tra via Conte della Cerra e via Suarez), cerimonia a cura del Comune di Napoli e che prevede la partecipazione del Presidente della Regione Stefano Caldoro, del Sindaco di Napoli Luigi de Magistris  e di altre autorità, rappresentanti delle municipalità e delle forze dell’ordine e delegazioni.
Alle ore 18:30 verrà celebrata la Santa Messa presso la chiesa dei Salesiani in via Morghen.
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