Enrico Caruso: il tenore che voleva diventare pittore


Enrico Caruso nacque a Napoli il 25 febbraio 1873 dal padre Marcellino Caruso e la madre Anna Baldini, sposatisi nel 1866 a Caserta e successivamente trasferitisi a napoli.
Su questo figlio si divisero le speranze e le aspirazioni di papà e mamma Caruso poiché il primo avrebbe voluto che egli divenisse meccanico mentre la madre ne voleva fare un ragazzo colto e perbene.
Si concordò che all’età di dieci anni il ragazzo entrasse come apprendista nella fonderia di don Salvatore De Luca all’Arenaccia e lui, per far contenta la madre, dopo le elementari, frequentò una scuola serale dove ebbe la possibilità di sviluppare una vera passione: quella del disegno.
Enrico dunque dedito alla sua passione per il disegno s’accorse anche che cresceva un’altra fenomenale dote: la voce.

Iniziò a cantare sul lavoro per la gioia dei suoi colleghi: si trattava di un canto spontaneo, senza tecnica, ma sufficiente per farlo, man mano, entrare nel giro dei cantanti di chiesa. Dalle chiese ai salotti della Napoli borghese per quelle serate di musica, canti e balli che venivano chiamate “Periodiche” in virtù della periodicità dell’avvenimento.
E’ cominciò dunque a coltivare questo nuovo talento: il canto. Ciò gli offrì nuove opportunità di lavoro e inspirò in lui l’ambizione di passare dalle esibizioni spicciole, che abbiamo visto, alle recite nei teatri. Ma per muovere i primi passi nel mondo del teatro d’opera era necessario prendere lezioni di canto, perché la sua voce, bella ma esile, andava educata.
Un suo amico decide che era venuto il momento di presentarlo al Guglielmo Vergine che quando lo sentì rimase molto sconcertato.
Il giovane tenore, seguito dal Vergine, fu scritturato per la “Mignon” di Thomas che si dava al Teatro Fondo di Napoli, oggi Teatro Mercadante. Ma alle prove, prima del debutto, si dimostrò tanto incerto e impreparato da essere licenziato su due piedi. Un altro fiasco avvenne al San Carlo, si vede che questo teatro doveva essergli fatale. Venne scritturato per sostituire, nel “Faust” di Gounod, un tenore che si era ammalato, ma quando venne il momento di cantare la romanza “Salve dimora, casta e pura” fu preso da una paura tale che non gli riuscì di arrivare al termine.
Eppure Caruso non si dette per vinto, affrontò con maggiore serietà gli studi.
Di tanto in tanto gli capitava di incontrarsi con il maestro Vincenzo Lombardi, maestro preparatore di spartiti, che non gli lesinava consigli.
Il suo primo vero debutto avvenne nel 1895, a soli vent’anni, con un’opera ricordata forse solo perché segnò l’inizio della carriera del più grande tenore di tutti i tempi: “L’amico Francesco”.
Fra le opere da lui cantate ricordiamo: il “Faust”, la “Cavalleria rusticana”, il “Rigoletto”, “La Traviata”, la “Gioconda”.
Nel 1903 fa il suo ingresso trionfale al Metropolitan di New York ma ha nel cuore ancora la delusione cocente del debutto mancato al San Carlo di Napoli, la sua città, dove avrebbe voluto la sua consacrazione e dove aveva inteso, a suo modo, dare il meglio di sé.
Ma Napoli aveva già un idolo: Fernando De Lucia, tenore di grazia, come usava dire allora. Dopo le sue esibizioni il pubblico si divise tra carusiani e fans di De Lucia, ma quello che l’amareggiò fu l’atteggiamento della critica
La prima canzone incisa su disco fu “Mamma mia che vò sapè”
La sua vita finì a Napoli a 48 anni il 2 agosto 1921.

A 75 anni dalla morte, l’8 giugno 1996, a Napoli, gli veniva intitolata una scuola: l’Istituto Tecnico Commerciale Enrico Caruso in via Arenaccia 246. Il suo quartiere d’origine.

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