Si dice che nelle fognature di New York, leggenda vuole, abiti un coccodrillo di dimensioni mostruose, beh anche a Napoli, precisamente nel Maschio Angioino nei tempi che furono girava voce vi risiedesse un coccodrillo famelico che si pappava i prigionieri.
La “fossa del miglio” era il deposito del grano della corte aragonese, ma venne utilizzata anche per rinchiudervi i prigionieri condannati a pene più dure. La leggenda vuole che i prigionieri scomparissero all’improvviso in circostanze misteriose, aumentata la vigilanza non si tardò a scoprire la causa delle sparizioni: da un’apertura entrava un coccodrillo che azzannava i prigionieri alle gambe e li trascinava in mare. A quanto pare il bestione era arrivato seguendo una nave proveniente dall’Egitto, una volta appurato il fatto si decise che tasle animale era utile nel caso in cui si dovesse far sparire delle persone senza troppo clamore.
Una volta morto, l’animale venne impagliato ed appeso sulla porta d’ingresso al Castello.
Nell’altra sala, a cui si accede attraversando un angusto passaggio, delimitato a destra da una scala a chiocciola in tufo (che conduce alla sovrastante Cappella Palatina), troviamo invece quattro bare senza nessuna iscrizione, contenenti delle spoglie mortali, forse quelle dei nobili che avevano partecipato alla congiura dei Baroni nel 1485
Naturalmente quella del coccodrillo è solo una leggenda che ripropone un motivo largamente diffuso nella novellistica popolare di tutti i paesi, quello dei prigionieri divorati da un coccodrillo, da un serpente o da altri mostri, che questa volta viene adattata al Castello napoletano.