Illusioni Pompeiane

Le illusioni pompeiane. La nostra cara Pompei, amata, sognata, visitata, bistrattata, sfruttata, abbandonata ed infine consumata. Gioie e dolori di un sito archeologico meraviglioso nel quale la vita del I secolo dopo Cristo, sembra essersi congelata all’istante. Pompei è luogo magico nel quale perdersi ricreando nella nostra mente scene di vita quotidiana lontana da noi pur standoci dentro. Pompei è patrimonio culturale ed allo stesso tempo calda fucina nella quale sviluppare ricerche e competenze, dove forgiare i professionisti del futuro dagli archeologi (c’è tanto ancora da scavare) ai restauratori e tecnici diagnostici (perché c’è ancora di più da salvaguardare). Orde di turisti multicolori, full optionals ed affamati di immagini si aggirano per cardini e decumani pompeiani fotografando l’antico contrapposto al futuro che avanza, ovvero le nuove meraviglie di Pompei: giovani e speranzosi ricercatori che si destreggiano nella nobile missione che hanno scelto di svolgere, chi armato di trowel, chi di bisturi. Alcuni chinati a rimettere in sesto tessere di mosaici consumati dai milioni di passi, altri impegnati ad esplorare le stratigrafie in cerca di tracce ed soluzioni ad affannose ore di ipotesi e fantasie. Pompei che salva se stessa aiutando i giovani professionisti finalmente riconosciuti per il ruolo e la loro valenza nel concorrere alla salvaguardia di una società della cultura. Un sogno impossibile eppure concretamente realizzabile. Estrema sintesi di una realtà che ormai non è più quella dell’essere bensì di quello che sarebbe potuto essere…

Pompei oggi. Dire che ciò che fin qui si è detto non accada sarebbe non attenente in tutto e per tutto al vero, perché in effetti a Pompei piccole missioni di ricerca archeologica si svolgono ancora o si sono da poco concluse (citiamo ad esempio quella francese in alcune strutture presso la necropoli di porta Ercolano, o le missioni di scavo e restauro che l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli ha condotto in questi anni), ma sembrano essere poca cosa rispetto a quello che in realtà di potrebbe fare. Stessa cosa dicasi per i cantieri di restauro, quelli seri o presunti tali per intenderci, che appaiono come gocce d’acqua nel deserto. Eppure sia le missioni archeologiche e di restauro, sia i “grandi cantieri” hanno un fattore che li accomuna: la ricerca del risparmio.

Gioco al ribasso. Da un lato la ristrettezza dei fondi normalmente a disposizione delle università per quel che concerne l’aspetto pratico della formazione dei professionisti del futuro, dall’altro una miope visione di gestione secondo la quale per il nostro patrimonio culturale si debba spendere poco per la sua salvaguardia (spendendo in alcuni casi troppo e male). Un rapido sguardo ai dati presenti in rete per vedere come a Pompei (ingresso 11 euro a persona e con una media di due milioni ed oltre di visitatori l’anno) in realtà un bel gruzzoletto annuo c’è, al quale fino al 2009 si sono aggiunti costanti fondi ministeriali. Poi dal 2009 il commissariamento e l’arrivo di fondi straordinari gestiti in maniera “poco ordinaria” , forse allegra, fino ai 105 milioni di euro della UE. Soldi, tanti, spesso bloccati, oggetto di conteziosi e che quindi non si possono spendere. Una catena sfortunata che si trasforma nella mancata manutenzione ordinaria e nell’impossibilità di implementare un personale ancora insufficiente per garantire una fruibilità minima degna di un sito come Pompei. Una catena sfortunata, associata ad una mentalità volta a sminuire l’importanza del patrimonio, perché espressione di qualche sorta di logica affaristico/speculativa, che stabilisce ad esempio che a Pompei dove, data la straordinarietà del sito si dovrebbe presumibilmente puntare sulla qualità dei lavori, si è scelto di affidare i lavori alle società che presentano il prezzo più basso. Tra il 2012 ed il 2013, 5 gare assegnate tutte con la logica del prezzo più basso che ha portato ad affidare lavori con ribassi compresi tra il 42% ed il 56%, record detenuto da Perillo Costruzioni per la Casa del Criptoportico. Stesso copione anche per le gare che sono in corso e per le quali è prevista sempre la stessa identica dicitura “secondo il criterio del prezzo più basso ex articolo 82 comma 2 lettera a) del Codice degli Appalti”. Non potendo risparmiare troppo sui materiali è inevitabile che a pagare dazio siano in primis i professionisti, quelli che ancora non hanno un riconoscimento professionale e che quindi spesso sono senza nessun tipo di tutela lavorativa, diventando di fatto degli “invisibili ma necessari” di gran lusso. Se da un lato nella logica del ribasso si cela una sorta di meccanismo di risparmio e conservazione del capitale economico in possesso, dall’altro c’è tristezza nell’animo di chi sceglie di vivere di archeologia e di restauro perché ribassare è sinonimo di svendere.

L’ultima chance. L’illusione in questo caso si mescola con la speranza la cui fiamma sembra essersi riaccesa dopo la nomina del nuovo soprintendente Massimo Osanna, che sembra aver aperto la porta al dialogo con i giornalisti insieme alla direttrice del sito Grete Stefani, presentandosi in prima linea all’appuntamento con i media. C’è tanto da fare in tempi relativamente stretti. Dalle loro parole, lette sui giornali ed ascoltate in tv. si evince un piccolo malessere, perché di fatto le scartoffie figlie della burocrazia sono molto più numerose dei sopralluoghi che si fanno. Nel frattempo il generale Nistri non ha collaboratori e da solo non riesce a fare quasi nulla. Il suo vice Magani, già impegnato a l’Aquila, non può garantire la sua presenza anche a Pompei ed è er questo che verrà sostituito, da chi non si sa. Quello che è certo è che si perderà altro tempo, eppure Pompei, città plurisecolare di tempo non sembra voglia concederne più.

Pompei è la storia di antiche rovine sigillate dalle pomici, magicamente riscoperte e che adesso rischiano di cadere giù, soffocate dal peso di montagne di fogli di carta.

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