Napoli: una piazza e un pallone [FOTO]

“Me lo fate fare un tiro? Se me lo parate vi compro una Coca?”

L’immagine di un ragazzo ormai da tempo uscito dall’età del pallone e dei giochi che finiscono con il tramonto, quasi li stupisce. Ero alto quasi il doppio di loro. All’iniziale scetticismo fece seguito una spocchiosa smorfia di sfida, tenerissima nel modo in cui fu costruita sul volto del piccolo Ciro, che si sforzava di nascondere la timidezza irrigidendo la soma degli occhi. Li strinse forti, alla Clint Eastwood. Mi spinse un dito sulla pancia e mimò un tono minaccioso, imitando quello con cui gli adulti somatizzavano i propri litigi, ma con palese innocenza.

“Si fratellò, ma po’ tiro pure ij”
“Certo waglio”

Un piattone di sicurezza e la palla sbatte sul muro entro la cornice di ferro della porta: goal. Un amico prende in giro Ciro, un altro mi si avvicina nella speranza che gli confidi i segreti del rigore perfetto, per me casuale, per lui premeditato, solo perché, dai suoi piccoli occhi, io sono quello “grande”.
E’ il turno di Ciro, il talento degli scugnizzi è cosa nota, non vedo nemmeno partire il pallone che mi si infila dritto dritto sopra la testa. BAM: rimbalza sino alla ringhiera di un balcone. I bambini si coprono il volto per il terrore e attendono sperando, come un tiratore di pallacanestro in difesa, che il ferro restituisca il pallone al terreno di gioco: in quella casa ci abita Donna Assunta, 90enne tutta grida e palloni bucati, che lascia esposti come scalpi al suo balcone.

“E’ mo che se fa?”
“Pigliati sta coca cola Cì, ma la prossima volta tiralo col piatto e prendi la mira nel piccolo rettangolo tra il palo e il muro, è quello il segreto”

Gli occhi di Ciro brillavano. Il piccolo Pasquale non concorda:

“Zitto che sei di legno”

Ciro “prende le mie parti” e divide la coca con gli altri, mi allontano sorridendo: menomale che ho segnato.
ball

Davide Di Lorenzo

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