Giugliano e le bonifiche: note a margine di uno scempio

Giugliano, anno Domini 2013. La notizia è di questa mattina, ma qui nella sventurata provincia di Napoli, lo si sapeva da tempo. Ci sono volute però le parole del commissario di Governo alle Bonifiche, Mario De Biase, per mettere definitivamente la croce nera sulle residue speranze dei giuglianesi e non solo. Decenni di smaltimenti illegali di rifiuti tossici hanno compromesso irrimediabilmente la terra, l’acqua, l’aria. Le piante crescono malate ed a loro volta provocano malattie e morte. Nemmeno due mesi fa in pompa magna si dava il via allo stanziamento di quasi quaranta milioni di euro per la bonifica della discarica fumante della Resit ed adesso si scopre che la bonifica è quasi impossibile da realizzare. Troppo inquinata la terra e troppo in profondità. L’Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato come l’inquinamento sia praticamente senza rimedio…

Verrebbe quasi da ridere, perché quasi si stenta a credere a quanto si evince dalle analisi, eppure è vero, tutto drammaticamente vero. L’inquinamento arriva in fondo, nelle viscere di una terra martoriata per più di venti anni, che nelle notti continua a bruciare. Quelle notti le senti, le vivi, le respiri, perché la puzza è inconfondibile e si percepisce a distanza. Una terra, quella che da Giugliano arriva fino a Caserta, che continua anno dopo anno, mese dopo mese, a piangere i suoi morti. Un genocidio lento e silenzioso, che si consuma sul lungo tempo, meno evidente dei morti di un bombardamento eppure ugualmente doloroso.
220 ettari compromessi per sempre e sui quali in questi anni si è prodotto, coltivato e mangiato. È una tragedia che potrebbe arrivare sulle tavole di chiunque, in qualunque posto. Allevatori che hanno visto interi greggi abbattuti, contadini che hanno visto morire i propri raccolti per l’inquinamento portato dai fumi, che depositano polveri talmente sottili, che entrano nei polmoni e ti ammazzano lentamente. Madri e padri che hanno visto morire i propri figli nel fiore degli anni. Tutto questo è la provincia di Napoli, nei territori dei comuni che da Giugliano arrivano fino a Caserta. Chiamatela terra dei fuochi, o come volete, sta di fatto che questa è una terra di morte. Spesso nell’antichità il fuoco era associato alla purificazione, qui da noi è visto come segnale di morte.

Taverna del Re con le sue piramidi di spazzatura è solo l’emblema evidente di un male che viaggia sotto terra, si insinua nelle acque, si spande nelle radici e nelle foglie ed alla fine irrimediabilmente arriva all’uomo per ucciderlo senza rimedio. Di chi è la colpa? Qualcuno dirà che è nostra perché stentiamo a recepire l’importanza di concetti come differenziazione dei rifiuti, riciclo e riutilizzo. Forse quel qualcuno ha ragione, ma in minima parte, perché la colpa più grande è di chi ha permesso tutto ciò. La colpa è di chi è stato connivente, di chi sapeva e non ha denunciato, di chi poteva evitarlo e non lo ha fatto, magari solo per quieto vivere o per interesse. Gomorra racconta la storia del business miliardario dei rifiuti, la realtà invece racconta la vita che si spegne, che muore nell’indifferenza delle istituzioni. Ma la realtà racconta anche la vita che lotta, che si oppone a chi nonostante tutto quello che è già stato distrutto, vuole continuare a distruggere, servendosi del braccio armato della legge. Troppe volte le forze dell’ordine “telecomandate” hanno eseguito gli ordini e respinto chi difendeva la terra, la salute, il futuro dei bambini. La violenza non è mai una bella cosa, né da una parte né dall’altra è vero, solo che c’è una differenza abissale, enorme, tra chi impone e chi subisce. Stato contro gente comune, è una battaglia impari che i cittadini non possono sopportare.

In tanti sacrificano la propria vita privata per un bene comune, molti altri ancora tutto ciò lo hanno documentato. Fotografi, giornalisti, video reporter. Centinaia di articoli, migliaia di fotografie, decine di documentari. Tutto ormai si conosce quasi alla perfezione, eppure di notte i roghi continuano a bruciare, ancora oggi si continuano a cercare cave da riempire di rifiuti e siti dove costruire altri inceneritori. È di oggi la notizia che il Governo ha approvato il fatto che si bruci la spazzatura nei cementifici. Come è possibile tutto ciò. Come si può ancora perseverare in una cieca gestione di un sistema rifiuti che è fallimentare e che è palesemente davanti agli occhi di tutti. Domande alle quali forse non si avranno mai risposte. E nel frattempo qualcuno dovrà ancora piangere altri morti innocenti di questa guerra ambientale, unica nel suo genere. In un vecchio articolo sull’emergenza rifiuti citai le parole di Peppino Impastato, che affermò “non ci vuole niente per distruggere la bellezza”. La nostra bellezza non è soltanto quella dei territori che sono stati devastati, o nelle lacrime di contadini e pastori che non hanno più niente. La nostra bellezza violata è nell’innocenza degli sguardi di quei bambini ammalati che non avranno un futuro, perché qualcuno dannato e maledetto, ha deciso di negarglielo.

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