Black bloc, parla un esponente partenopeo

Continuano nel napoletano le indagini per individuare gli esponenti partenopei dei black bloc che lo scorso sabato hanno messo a ferro e fuoco la capitale: già perquisite numerose case di potenziali indagati, ma si analizzano e comparano ancora i filmati per scovare i colpevoli. Intanto dalle pagine del quotidiano Il Mattino parla proprio uno dei black bloc, uno dei ragazzi che ha partecipato attivamente alla demolizione urbana.

Si tratta di un giovane universitario di 22 anni che vive alla periferia di Napoli, che divide la propria vita fra il lento andazzo universitario e un lavoro sempiternamente precario e che per ovvie ragioni preferisce mantenere l’anonimato. Racconta alle pagine del giornale la sua esperienza quasi come se egli stesso fosse un personaggio di qualche violento gioco per Play Station: «Tutti sapevano che ci sarebbero stati incidenti e sarà sempre così. Andremo comunque a scassare. Non c’era controllo, così abbiamo fatto quello che volevamo».

Dichiarazione che lascia un po’ basiti e che racconta una versione di guerra organizzata, fra l’altro già avvallata da altre interviste su vari quotidiani nazionali: infatti, a detta degli esponenti del black bloc, questo scontro sarebbe già stato programmato da oltre un anno e le armi nascoste in piazza durante il percorso programmato dagli Indignados a Roma. E, mentre un black bloc pugliese racconta che ha seguito insieme con altri esponenti un “master” in Grecia tenuto dai colleghi ateniesi per migliorare le tecniche di guerriglia, il black bloc campano precisa che «I più organizzati, anche militarmente, sono gli ultrà: sono una garanzia».

Vagheggiamenti luciferini di soggetti che non hanno ancora imparato che con la violenza e la distruzione non si costruiscono mondi nuovi, ma si creano solo macerie e l’Italia, almeno al momento, non è ancora una fenice capace di rialzarsi dalle proprie ceneri.

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