Sicurezza e rischio nei Campi Flegrei – CFDDP

Quando si avvia un progetto o un esperimento , per quanto scientificamente rilevante, in un’area densamente abitata e ad alto rischio sismico-vulcanico, come quella flegrea , senza consultare, né preparare adeguatamente la popolazione, si viola una legge.

La legge in questione è la n. 108/2001 con cui l’Italia ha sottoscritto e dato esecuzione alla Convenzione sull’accesso alle informazioni , la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus (Danimarca) il 25 giugno 1998.

Con questa riflessione si è aperto il dibattito pubblico sul “CAMPI FLEGREI DEEP DRILLING PROJECT” (CFDDP) tenutosi il 15/02/2011 , al Palazzo dell’Innovazione e della Conoscenza (PICO), di Fuorigrotta, con la presenza di specialisti del settore geofisico-vulcanico, amministratori pubblici e cittadini, promosso dal consiglio circoscrizionale e dal comitato popolare per la difesa dal rischio vulcanico nell’area flegrea.
In tale sede sono state esposte le possibilità, ma anche le perplessità legate alla realizzazione del progetto, che prevede trivellazioni nell’area dell’ex acciaieria di Bagnoli, oggi proprietà di BagnoliFutura s.p.a., fermate lo scorso ottobre dal sindaco Rosa Russo Iervolino in attesa dei pareri definitivi della protezione civile e delle istituzioni locali circa la fattibilità e la sicurezza dell’operazione.
Sicurezza e rischio sono le parole chiave che hanno animato il dibattito.
Secondo il direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Marcello Martini e Giuseppe De Natale, coordinatore insieme a Claudia Troise del CFDDP, le operazioni avranno come obiettivo il miglioramento dei sistemi di rilevazione e monitoraggio dell’area flegrea attraverso l’utilizzo di sensori a fibre ottiche molto più sensibili di quelli tradizionali, in grado d’individuare i più piccoli segnali pre-eruttivi, migliorando le capacità di previsione di un’eruzione vulcanica. L’area flegrea diventerebbe il più grande laboratorio internazionale di ricerca sull’attività vulcanica , sui i sistemi di monitoraggio ambientale e del rischio e per la prima volta in Italia si proverebbe a tradurre la ricerca in reale spinta per le attività produttive, sperimentando le opportunità offerte dallo sfruttamento del potenziale geotermico come fonte di energia eco-compatibile,continua e costante.

Per Benedetto De Vivo, docente di Geochimica Ambientale, ci sono buone probabilità che proprio le trivellazioni necessarie per l’apertura di un pozzo “pilota” a 500 m di profondità e di un altro successivamente che scenderà a 4 Km possano svegliare la caldera flegrea in quiescenza.
Il suo appassionato intervento si concentra sul principio di precauzione, riconosciuto da diversi trattati internazionali ed in base al quale uno scienziato che non possiede adeguati dati scientifici per fare una completa valutazione del rischio, ha la responsabilità di segnalare il pericolo, per salvaguardare la salute e l’incolumità pubblica.
Il rischio è il risultato del prodotto tra pericolosità, vulnerabilità e valore esposto. Ciò significa che pur in presenza di una bassa pericolosità, il rischio può elevarsi a seguito di un alto valore esposto e /o di una certa vulnerabilità. Solo la natura può sapere quando e come un evento si verificherà, ma la vulnerabilità ed il valore esposto dipendono dall’uomo e sono parametri che possono trasformare fenomeni di bassa pericolosità in calamità.

Se dovessero presentarsi degli imprevisti la popolazione flegrea sarebbe completamente impreparata.
Non c’è un piano di sicurezza per l’area Nord-occidentale di Napoli in caso di emergenza sismica/vulcanica.
Sono almeno ventisette anni che è in preparazione, ma sul piano operativo la protezione civile, come riferisce Francesco Santoianni, esperto in disaster management, è ferma ad un documento di programmazione del 2001 e nulla è stato fatto né per ammodernare la rete logistica, le “vie di fuga”, né per educare al “rischio”, cioè rendere consapevoli chi vive in quest’area sul come evitare il panico diffuso ad ogni manifestazione dell’attività vulcanica, anche la più innocua.
La scelta dell’area industriale dismessa di Bagnoli, intorno alla quale risiedono 360 mila persone, come luogo ideale per le perforazioni crostali ha destato molto sconcerto, non solo per la vicinanza ai centri abitati, ma anche perché la società proprietaria dei terreni, Bagnolifutura s.p.a., costituitasi nel 2002 con azionista principale il Comune di Napoli, aveva assunto l’impegno di bonificarla e di realizzare degli interventi di trasformazione urbana, previsti dal Piano Urbanistico Esecutivo (PUE) Bagnoli-Coroglio, approvato nel 2005 e per il quale sono già stati spesi 300 milioni di euro.
Com’è stato possibile concedere l’autorizzazione allo scavo di un buco di 4 Km su un’area destinata a divenire un parco pubblico di 120 ettari?
Per il prof. De Vivo un solo sondaggio non darà più informazioni di quelle che negli anni ’70 hanno fornito gli 11 sondaggi svolti da Agip-Enel, (pozzi San Vito, Mofete, Licola) con i quali è stato dimostrato l’alto potenziale geotermico della zona, ma anche la presenza di un’eccessiva salinità nei fluidi del sottosuolo flegreo, altamente corrosivi per le componenti impiantistiche di una stazione geotermica.
L’anti-economicità dell’estrazione avrebbe determinato l’abbandono della possibilità di sfruttamento della risorsa e se oggi esistono tecnologie in grado di risolvere questo problema allora basterà applicarle, non c’è nulla da “scoprire” che giustifichi un nuovo sondaggio, così rischioso.
Altro punto sollevato dal prof. di Vulcanologia, Giuseppe Rolandi è la mancanza di una valutazione d’impatto ambientale. Come si smaltiranno i fanghi di perforazione, considerati rifiuti speciali visto l’alta contaminazione dei terreni intorno all’ex Italsider? Poi perché se c’è l’interesse ad effettuare un’analisi crono -stratigrafica dei sedimenti vulcanici la perforazione non è verticale , ma obliqua? Qual è lo scopo di un sondaggio stratigrafico non fruttifero? Soldi pubblici in fumo…
Il CFDDP sarà finanziato per la maggior parte da fondi pubblici e la spesa si aggira intorno ai 500 mila euro per il “pozzo pilota” e almeno 8 milioni di euro per la perforazione ulteriore.
Se non saranno i Campi flegrei ad esplodere sicuramente lo faranno i nervi dei cittadini ormai stremati da miraggi di sviluppo che si trasformano in sprechi per molti e vantaggi per pochi.
Se gli amministratori non sono sempre capaci di bilanciare interessi pubblici con quelli privati, diritti civili e ricerca scientifica, spetta a coloro che abitano questi territori attivarsi, informarsi e mantenere sempre alto il livello di vigilanza sulla propria sicurezza. Non a caso nei prossimi giorni sarà chiesto un confronto diretto con la Protezione civile.

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