La controversa figura di Masaniello: demagogo e rivoluzionario


Tommaso Aniello era un povero pescatore della zona del Mercato, nato ad Amalfi nel 1622 e morto a Napoli nel 1647.
Rimase orfano molto giovane ed era cresciuto nella strada fra fame e miseria.

Nel 1646 era già stato arrestato diverse volte per piccoli furtarelli, Masaniello era allora un ragazzo molto sveglio, dalla faccia tosta e di facile parola, sapeva come farsi ascoltare insomma.

Era molto amico dell’abate Pirone, un soggetto molto furbo ed era nelle grazie di don Giulio Genoino, un ecclesiastico che era stato lungamente in prigione per aver difeso gli interessi delle classi più povere.

Masaniello, rispettato dal popolino per la sua prontezza e per la sua prepotenza, poteva divenire un elemento prezioso per incanalare il malcontento popolare verso un’azione organizzata.

Accade che il vicerè si recò ad ascoltare la messa la notte di natale del 1646 e per l’appunto mentre andava i briganti si strinsero intorno alla sua carrozza per chiedere l’abolizione di gabelle sui beni di necessario consumo, il duca d’Arcos, impaurito, promise e fuggì precipitosamente dalla piazza, ma al ritorno a corte gli fecero notare che non era possibile eliminare le gabelle per non recare un affronto ai mercanti e ai nobili, così queste rimasero.

Il 6 giugno dopo circa sei mesi di attese e promesse mancate, i popolani napoletani incendiarono il banco del nuovo dazio mentre il 7 luglio una banda di briganti guidò la rivolta al mercato a S. Eligio, Masaniello fomentava il disagio popolare e si fece seguire fin sotto la Reggia, i soldati spagnoli e la guardia tedesca furono disarmati,il palazzo fu invaso e il Viceré dovette accettare le condizioni dei rivoltosi per poi rifugiarsi nel convento di S. Luigi.
Solo allora venne finalmente alla ribalta don Giulio Genoino, vero ispiratore della ribellione, che era rimasto sino allora dietro le quinte.

Fu lui a compilare il programma politico, che chiedeva per il popolo una rappresentanza uguale a quella dei nobili nell’amministrazione della città e l’abolizione di tutte le gabelle più esose.

Masaniello intanto stilò un elenco di traditori del popolo che dovevano essere puniti, considerando tali i profittatori di gabelle.
Masaniello fu nominato Capitano del Popolo e cominciava ad avere molti nemici anche se si era dimostrato onesto avendo rifiutato un tentativo di corruzione da parte del duca d’Arcos.
Il duca di Maddaloni organizzò un attentato contro Masaniello che, però, fu sventato e molti degli attentatori vennero uccisi così come il duca a cui fu tagliata la testa.

I rapporti fra Masaniello e don Giulio Genoino cominciarono a peggiorare in quanto l’ecclesiastico si rese conto di non riuscire più a manovrarlo come prima.

Masaniello morì il 16 luglio, dopo aver fatto irruzione in una chiesa ed esser stato inseguito da alcuni scalmanati, vistosi in trappola, si rivolse il petto alla folla gridando: “Eccomi a te, popolo mio! “ Crivellato di colpi di fucile stramazzò al suolo.

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