Il presepe napoletano part I – la storia

Una delle tradizioni napoletane più famose è il presepe (dal latino praesepe ovvero mangiatoia).

Ma quando è iniziata questa tradizione?
Troviamo notizie di un primo presepio a Napoli in un documento del 1025 ma secondo altre fonti già 1324 ad Amalfi esisteva una “cappella del presepe di casa d’Alagni”.
Fu la regina Sancia d’Aragona a regalarlo per la prima volta alle Clarisse per la loro nuova chiesa (1340) di cui oggi possiamo ammirare la statua della Madonna nel museo di San Martino.
I primi effettivi scultori delle figure arrivarono nel XV secolo, ricordiamo Giovanni e Pietro Alemanno famoso è il loro presepe ligneo e le dodici statue pervenuteci risalenti al 1478.
Nel 1507 il lombardo Pietro Belverte scolpì a Napoli 28 statue per i frati della Chiesa di San Domenico Maggiore.
Le statuette in terracotta invece furono una novità introdotta nel 1532 da Domenico Impicciati.
San Gaetano da Thiene, vero e proprio artista del presepe, fece la sua comparsa nel 1534.
L’abilità di Gaetano accrebbe la popolarità del presepio e particolarmente apprezzato fu quello costruito nell’Ospedale degli Incurabili.
Ma l’apice viene raggiunto nel ‘600 quando dei sacerdoti scolopi pensano di sostituire con manichini snodabili di legno, rivestiti di stoffe, le statuette, pensate che i primi manichini in questione erano a grandezza umana!
Il presepio più famoso fu realizzato nel 1627 dagli scolopi alla Duchessa. La Chiesa degli scolopi.
Sul finire del ‘600 vide la luce la teatralità del presepio napoletano, arricchita dalla tendenza a mescolare il sacro con il profano, viene quindi rappresentata la quotidianità che animava piazzette, vie e vicoli e vengono introdotte statue di personaggi del popolo che compiono gli umili mestieri di tutti i giorni.
Nel Settecento il presepio napoletano visse la sua stagione d’oro, uscì dalle chiese dove era oggetto di devozione religiosa per entrare nelle dimore dell’aristocrazia e iniziò la gara fra i nobili a chi allestiva il presepe più ricco e scenografico, iniziò così anche la scuola di artisti del presepio fondata da Giuseppe Sanmartino un grande scultore napoletano.
L’attenzione degli artisti non è più tutta concentrata sulla natività bensì si comincia a dare importanza ad altri dettagli: le case, gli ambulanti, i mestieranti, gli animali.

Dunque lo scenario si arricchisce dopo l’allestimento della grotta v’è quello dello scenario popolare: vengono rappresentate le taverne, i banchi dei macellai e quelli della frutta e verdura, i personaggi si ridimensionano (i manichini di cui parlavamo prima) e le scene diventano sempre più sfarzose e particolareggiate.
Il merito della diffusione e della fioritura artistica dei presepi va a Carlo III di Borbone senza dubbio, la sua passione era talmente grande da coinvolgere la propria famiglia e la corte nella realizzazione e vestizione di pastori, nonché nel montaggio dell’enorme presepe del palazzo reale. Quando dovette lasciare Napoli per salire al trono di Spagna, portò con se un grandissimo presepe, e numerosi artigiani, che iniziarono anche in Spagna una tradizione importante d’arte presepiale.
Nel novecento si perde un po’ la tradizione di allestire enormi presepi scenografici mentre invece si fa strada l’uso di allestirne di piccoli all’intero delle case del popolo.

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