Stalking giudiziario, come scoraggiare l’abuso del processo

Lo stalking giudiziario è una forma di atto persecutorio, messo in atto attraverso ripetute pretese risarcitorie i dettagli

Lo stalking giudiziario è una forma di atto persecutorio disciplinato dall’articolo 612 bis del codice penale, messo in atto attraverso ripetute pretese risarcitorie. Il reato può essere posto in essere in sede civile, amministrativa e penale. Tali atteggiamenti hanno lo scopo di generare nella vittima uno stato di ansia e paura, costringendola a sostenere inutili spese giudiziarie. La Corte di Cassazione in una recente sentenza la 3831 del 2017 ha tacitamento riconosciuto la configurabilità del reato di atti persecutori nell’ipotesi di un utilizzo smisurato dello strumento giudiziario.

Tuttavia soltanto in tempi recenti i Tribunali sembrano accogliere l’importanza di tale istituto. Infatti la Suprema Corte ha affermano chiaramente che l’articolo 96, comma 3 del codice di procedura civile introduce nell’ordinamento una nuova forma di danno punitivo per scoraggiare l’abuso del processo. Consentendo inoltre di perseguire indirettamente interessi pubblici come ad esempio il buon funzionamento e l’efficienza della giustizia.

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Stalking giudiziario in ambito penalistico

In ambito penalistico e dunque in tema di denunce e querele, per generare il reato di stalking giudiziario, si deve trattare di condotte ripetute nel tempo. Si fa dunque riferimento a quei casi in cui la vittima è costretta a modificare il proprio stile di vita.

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In poche parole, lo stalking giudiziario, comincia ad avere una notevole importanza per il nostro ordinamento. La configurabilità di questo tipo di reato consente da un lato di tutelare la vittima delle condotte criminose e dall’altro lato di alleggerire i tribunali dalle cause infondate.