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Categories: CronacaNews

Sgominato traffico internazionale di sigarette nocive

Nei giorni scorsi il Tribunale di Napoli aveva emesso 29 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti esponenti di un’organizzazione criminale, composta da italiani e cinesi, che si occupava di contraffazione e contrabbando. All’alba di mercoledì la Guardia di Finanza ha dato il via alla maxi operazione, denominata Katanà, che ha portato all’arresto delle persone coinvolte e al sequestro di più di dieci milioni di euro tra immobili, auto, società, rapporti bancari e postali. L’organizzazione si serviva di enormi containers per importare dalla Cina scarpe e capi di abbigliamento contraffatti nonché sigarette di contrabbando. Grazie all’operazione di ieri, la Guardia di Finanza ha rinvenuto e posto sotto sequestro più di 110 tonnellate di sigarette prodotte in quattro stabilimenti cinesi e spacciate per Pilip Morris originali.

Per far sì che i falsi fossero veramente simili agli originali, sui pacchetti venivano stampati anche i contrassegni dei monopoli di stato. Questa ulteriore precauzione, molto simile ad un tentativo di aggirare un controllo poco accurato, ha destato forti sospetti negli inquirenti, preoccupati per un eventuale diffusione del prodotto anche nelle tabaccherie. Le sigarette contraffatte sono risultate essere particolarmente nocive vista l’altissima percentuale di catrame in esse contenuta, di molto superiore a quella presente nelle sigarette che si trovano in commercio.

Le indagini, coordinate dalla Dda di Napoli, si stanno muovendo ora in altre direzioni: gli inquirenti, infatti, sono sempre più convinti che l’organizzazione potesse contare sulla connivenza di funzionari corrotti nelle dogane e sul loro aiuto nel falsificare la documentazione necessaria al trasporto della merce. È sicuramente impossibile, infatti, aggirare del tutto controlli e verifiche senza complici dall’interno. Un’indagine davvero complessa soprattutto a causa del coinvolgimento di noti clan camorristici: i Sarno e i Mazzarella. Gli “imprenditori” della camorra si servivano, infatti, di alcune fabbriche di Shangai per produrre materiali contraffatti destinati al traffico internazionale.

 

Valeria Fiorenza Perris

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