Il principe di Sansevero , Raimondo di Sangro nasce a Torremaggiore, in provincia di Foggia, il 30 gennaio del 1710 da una famiglia che si vanta di discendere addirittura da Carlo Magno, la madre Cecilia muore dopo solo un anno dalla sua nascita ed il padre lo abbandona poco dopo decidendo di chiudersi in convento. Raimondo viene dunque educato dai nonni e successivamente viene mandato in un collegio dei Gesuiti a Roma, dove pur mostrando un non indifferente acume, si fa notare per l’indisciplina.
Già dopo pochi anni dopo il suo arrivo a Napoli il Principe di Sangro fa parlare di sé: a quanto pare coltiva tutta una serie di strane attività all’interno dei laboratori del suo palazzo, inoltre nella notte fonda v’è un inconsueto viavai di curiosi personaggi anima piazza San Domenico. Gli occasionali passanti testimoniarono d’aver sentito rumori ed odori inquietanti ed insoliti provenire dall’interno dell’abitazione.
Secondo il folklore il principe di San Severo produceva delle singolari e macabre invenzioni, tra queste v’era Il “lume eterno” è una fiamma che arde consumando piccolissime quantità di materiale.
All’interno della cappella di famiglia di Sangro però abbiamo le opere che lo resero celebre: questa cappella fu restaurata con il contributo dei migliori scultori dell’epoca.
Tutti i particolari sono di ottima fattura ma tre sculture sono davvero particolari e tutt’ora scatenano polemiche fra gli studiosi.
Al centro della Cappella si trova un Cristo nell’atto della resurrezione, interamente avvolto di un velo di marmo. Le fattezze del Cristo si intravedono da sotto il sudario con un effetto molto suggestivo.
In base ad alcune teorie queste statue sarebbero rappresentazioni dei classici elementi della fede cattolica come i vizi e le virtù cristiane, secondo altri il principe era un affiliato della Massoneria e molti studiosi sostengono che la sua cappella fosse in realtà un tempio adibito ai riti massonici. Il cristo velato, il Disinganno la Pudicizia: tutte allegorie che potrebbero avere un comune significato: l’uomo che, con l’aiuto della ragione, squarcia il velo delle false verità .
Secondo la leggenda invece un sadico Raimondo avrebbe iniettato nelle vene di due servitori ancora vivi un misterioso coagulante che ne avrebbe “metallizzato” il sangue. Un’altra leggenda invece parla di due corpi, già cadaveri, acquistati proprio da Salerno, in cui il principe iniettò, nel 1739, una soluzione alchemica.
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