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Ebrea perseguitata, lo Stato chiede indietro i soldi: “Non è italiana”

Ebrea perseguitata nata nel 1928 in Libia: lo Stato ha prima riconosciuto la persecuzione poi ha richiesto la restituzione del vitalizio

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Messauda Fadlun era nata a Bengasi, in Libia, nel 1928. Nel paese nordafricano è cresciuta poi a Torino è diventata insegnante nella scuola ebraica ma solo dopo aver patito le leggi di discriminazione fascista durante il regime di Mussolini.

Per essere ebrea era stata perseguitata come milioni di persone e aveva anche perso un fratello. Che fosse stata perseguitata le fu riconosciuto nel 1982 e dal 2007 le era stata concessa l’assegno vitalizio previsto per motivi razziali o politici.

Il risarcimento è però diventato motivo di scontro. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha prima sospeso l’erogazione e poi chiesto la restituzione della somma finora ottenuta, 80mila euro. Messauda Fadlun è scomparsa nel 2018 e chi dovrebbe restituire i soldi è suo marito, Alberto Finzi, che oggi ha quasi 99 anni. A denunciare la vicenda è loro figlio Ariel Finzi che è Rabbino della Comunità ebraica di Napoli. “È una situazione kafkiane” ha commentato a Repubblica.

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Ebrea perseguitata, diatriba giudiziaria ancora in corso

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Per i familiari si tratta di un’ulteriore discriminazione. La donna nascendo in Libia era riconosciuta come “italiana-libica” in quanto nata in una colonia. Secondo lo Stato italiano dunque, all’epoca non era pienamente cittadina italiana e pur se è stata perseguitata (condizione riconosciuta dallo Stato) non ha diritto al vitalizio.

L’erogazione fu sospesa quando la mamma del Rabbino era ancora in vita e nel 2014 – racconta Repubblica – vinse il ricorso presso la Corte dei Conti di Torino contro il Ministero di Economia e Finanze che a sua vinse l’appello presso la Corte dei Conti di Roma nel 2017.

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La storia giudiziaria però non è ancora finita e gli eredi hanno fatto ancora ricorso e ieri a Torino c’è stata l’udienza che ha provveduto a sospendere il provvedimento mentre si svolgeranno altre verifiche.

Giuseppe Formisano

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