M. E. è un pensionato di Brusciano di 75 anni che un giorno cade frantumandosi una spalla. Arriva al pronto soccorso dell’ospedale di Nola, quello più vicino. Di lì a poco però inizia l’odissea. Il pensionato è costretto ad un girotondo che sembra non finire mai ma che dura 13 giorni.
Le condizioni di M.E. sono impossibili da trattare per un edificio pubblico, specialmente in tempi brevi. I motivi sono più disparati: non c’è posto, le liste d’attesa sono lunghissime ed i mezzi non ci sono. La sistemazione immediata è quella di un ricovero in barella.
Il pensionato è costretto a ritornare al pronto soccorso dell’ospedale Pellegrini, ma non cambia nulla.
Interviene quindi un nipote del malcapitato che vive a Roma e che conosce il Cto di Torino. Prenota il ricovero e paga di tasca sua il biglietto del viaggio per lo zio.
Quest’odissea è durata tredici giorni. Tredici giorni condivisi con un dolore indescrivibile alla spalla, per poi risolversi in una fuga al Nord. I manager sanitari hanno dato la loro opinione ai microfoni del Mattino: “serve più personale nei centri d’eccellenza per evitare la migrazione dei pazienti al Nord”.
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