Pompei nuovo scandalo

Ancora una volta il sito della città romana più famosa del mondo nell’occhio del ciclone per una nuova inchiesta avviata dalla procura di Torre Annunziata. Nel mirino un appalto per una serie di restauri avvenuti nel periodo in cui il sito era sotto la gestione della Protezione Civile, nella persona del Commissario Marcello Fiori.

Un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari è stata eseguita nei confronti del rappresentante legale della Caccavo S.r.l. società che si era aggiudicata l’appalto ed aveva eseguito alcuni lavori di restauro nell’area archeologica. Le indagini hanno accertato numerosi reati tra i quali abuso d’ufficio, truffa ai danni dello Stato, corruzione e frode nelle forniture pubbliche. Tra gli indagati oltre il rappresentante della Caccavo, risultano anche l’ex commissario del sito Marcello Fiori ed alcuni ingegneri della Soprintendenza, per i quali è stato predisposto, come misura cautelare, il divieto di esercizio della professione. Per la ditta accusata anche il divieto di contrarre contratti con la Pubblica Amministrazione, oltre il sequestro cautelativo di beni per circa 810,000 euro.

Tutto per un appalto per lavori di restauro costati oltre 8 milioni di euro e che a detta della Guardia di Finanza sono stati assegnati alla Caccavo S.r.l. in modo irregolare, perché secondo l’accusa ci sarebbe stata l’illegittimità di utilizzo delle procedure derogatorie nell’affidamento dei lavori rispetto alla normativa sull’evidenza pubblica.
Un nuovo scandalo proprio all’indomani della partenza di una nuova serie di lavori per circa 105 milioni di euro che verranno inaugurati domani mattina alla presenza del Commissario Europeo per le Politiche Regionali, Johannes Hahn, accompagnato dal Ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Lorenzo Ornaghi, dal Ministro per la Coesione Territoriale, Fabrizio Barca e dal Presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro,

Una nuova tegola che si abbatte sul sito ma che va detto riguarda una gestione passata e che non ha nulla a che vedere con chi oggi dirige il parco archeologico pur tra mille difficoltà. Un episodio abbastanza significativo che riporta alla luce quanto in realtà sia fruttuoso il business “dell’affare culturale” che è in grado di muovere milioni e milioni di euro, troppo spesso però veicolati e gestiti in modo sbagliato o clientelare. Sarebbe necessario e quanto mai auspicabile un repentino cambio di rotta al fine di produrre investimenti che possano essere reali occasioni di sviluppo anche in termini di lavoro per le migliaia di professionisti, dagli archeologi ai restauratori, sempre più in difficoltà perché vittime di un sistema affaristico che non premia la professionalità e la salvaguardia del patrimonio, ma che antepone in primis il guadagno e l’arricchimento di pochi.

Impostazioni privacy